Muoversi 2 2022
16

RASSEGNA STAMPA

Presentiamo una rassegna stampa sull’attualità delle ultime settimane.

5/2021, Paola Sesti

Spinaci: “I carburanti del futuro? Non possono essere gli slogan”

Ci troviamo di fronte a un volume d’affari in drastico calo e nello stesso tempo abbiamo la necessità di ingenti capitali per affrontare la sfida della decarbonizzazione: le due cose non stanno in piedi. Da una parte c’è quindi la necessità di riavviare investimenti per affrontare il futuro e, dall’altra, una carenza di risorse dovuta a una crisi che dura da tempo

D’altra parte, oggi ci troviamo di fronte a un bivio…

Il punto centrale sta proprio qui: per affrontare il futuro è decisivo decarbonizzare la nostra filiera. È impensabile arrivare alla neutralità carbonica al 2050 senza coinvolgere nel processo di decarbonizzazione un comparto che nel settore dei trasporti copre più del 90 per cento del fabbisogno. Per fare questo, però, c’è bisogno di investimenti importanti. Abbiamo già una certa percentuale di energia rinnovabile all’interno dei nostri prodotti; i biocarburanti di fatto si ottengono dalle biomasse. Dobbiamo però arrivare a percentuali sempre più elevate, accrescendole gradualmente, diversificando e aumentando la disponibilità di materia prima rinnovabile destinata al processo di raffinazione.

Perché dobbiamo considerare la raffinazione strategica?

A livello globale tutti riconoscono che la filiera petrolifera rimane assolutamente determinante per la copertura del fabbisogno energetico, che peraltro nei prossimi decenni è previsto in aumento, data la crescita della popolazione mondiale, l’urbanizzazione e lo sviluppo delle aree più arretrate. Probabilmente le rinnovabili riusciranno a coprire solo una parte di questo incremento, forse la più rilevante, ma in generale il petrolio rimarrà una delle fonti principali. E qui emerge l’importanza strategica della raffinazione.

28 febbraio 2022, Claudio Cerasa

Intervista al ministro Cingolani: La guerra dell’energia

“Abbiamo – commenta il ministro Cingolani -un solo vettore di energia, una sola sorgente: il gas. Poi sì, abbiamo fatto crescere le fonti rinnovabili, c’è stato un impulso negli anni Duemila e ora stiamo accelerando tantissimo la decarbonizzazione, però nei fatti siamo dipendenti dal gas. E oltre all’energy mix con troppa poca scelta c’è un errore nell’errore, cioè aver diminuito la produzione di gas nazionale. E senza avere ottenuto un impatto ambientale positivo, perché il gas comunque l’abbiamo comprato dall’estero e il netto del danno ambientale è rimasto costante. Almeno la produzione nazionale avrebbe ridotto le spese di trasporto e garantito maggiore indipendenza dalle fluttuazioni del mercato. Vede, sta venendo a galla la nostra eccessiva dipendenza da paesi stranieri, una dipendenza che, sommata alla singolarità del nostro energy mix, ci rende particolarmente deboli.”

7 marzo 2022, Marcello Giordani

Intervista a Massimo Nicolazzi: “I no alle trivelle un regalo a Putin”

Che rivoluzione ha introdotto nell’energia il conflitto?

«L’ha trasformata da problema ambientale in problema politico: prima il tema era quello del passaggio dalle fonti tradizionali a quelle compatibili con l’ambiente, adesso si è spostato tutto: dobbiamo decidere se pagando il nostro gas dobbiamo foraggiare un’invasione, una guerra. La decisione politica di chiudere il rubinetto è soltanto nostra, i russi sicuramente non lo faranno. E non è una decisione semplice

Quindi cosa dovremmo fare?

«Non so quanti italiani siano pronti a morire per Kiev, ma certamente tutti dobbiamo rabbrividire davanti a quello che sta accadendo. D’ora in poi ogni “no” dato alle trivelle, alle pale, ai processi per ricavare energia sarà un regalo al signor Putin».

11 marzo 2022, Rita Querzè

Spinaci (Unem): «Petrolio russo, embargo europeo già operativo. I prezzi vicini ai massimi»

Per il momento le sanzioni non prevedono lo stop dell’acquisto del petrolio russo…

«È vero ma nei fatti gli acquisti di petrolio russo sono già quasi del tutto bloccati. L’Eni non acquisterà prodotti o petrolio russi, lo stesso la Shell. Credo che in buona parte il mercato abbia già scontato l’effetto delle sanzioni sul petrolio alla Russia. Detto questo, i prezzi sul mercato sono molto volatili. Giovedì 10 marzo, giornata dell’incontro dei ministri degli Esteri russo e ucraino in Turchia, il prezzo del petrolio è sceso del 15%. In caso di un’intesa il prezzo del petrolio potrebbe scendere rapidamente e si sgonfierebbero bolle speculative».

Questa congiuntura per il settore è un’opportunità per riprendere fiato ed accumulare risorse?

«No, guardi, non è così. La crisi finanziaria con la guerra si è accentuata. Compriamo il petrolio a costi altissimi e in più il processo di produzione è energivoro, consumiamo tanta energia che ha costi molto elevati. Il capitale circolante necessario per acquistare il greggio è aumentato. I margini sono bassi e in forte contrazione. A volte succede di lavorare in perdita anche perché le raffinerie hanno un processo produttivo che non si può fermare, lavorano h24 7 giorni su 7. C’è un disallineamento tra valore del greggio e valore dei prodotti che da esso derivano».

16 marzo 2022, Luca Michele Piscitelli

Il prezzo dei carburanti è aumentato, ma non è colpa dei benzinai

Per capire dove derivano forti rincari delle ultime settimane deve tornare a come si ottiene il prezzo dei carburanti. Questo è sostanzialmente formato da due componenti: una fiscale, Iva e accise – che pesano circa il 55 per cento – e una industriale, che comprende il costo della materia prima e il margine lordo. Questa seconda componente in Italia ha subito un rialzo minore che nel resto d’Europa, ma mentre il costo della materia prima e passata dal 33 al 38 per cento nei primi 15 giorni marzo, il margine lordo su cui possono agire gli operatori per modificare il prezzo alla pompa si è addirittura ridotto dal 9 all’8 per cento. “Oggi la preoccupazione principale è la tenuta finanziaria dell’intero comparto per gli alti costi di approvvigionamento e dell’energia che stanno saturando le linee di credito. Contrariamente a quanto si è portati a credere la raffinazione e la distribuzione/logistica, ossia il settore che Unem rappresenta, non trae alcun vantaggio da prezzi cosi alti, ma anzi vede ridursi i propri margini proprio per questi maggiori costi” sottolinea Spinaci.

15 marzo 2022, Gilda Ferrari

Spinaci: “Così il caro-benzina penalizza i petrolieri”

La filiera petrolifera italiana sta facendo «tutto il possibile per contenere i prezzi dei carburanti», i cui valori sono «più bassi di 10-14 centesimi rispetto alla media dei Paesi dell’area euro». Claudio Spinaci, presidente di Unem, l’Unione energie per la mobilità, dopo le accuse (poi precisate) del ministro per la Transizione ecologica Cingolani, spiega che la filiera della raffínazione e della distribuzione «non trae alcun vantaggio da prezzi così alti», anzi si trova a gestire «difficoltà finanziarie» aggiuntive.

Previsioni di ulteriori rincari?

“Tutto dipende da come evolverà il conflitto. Il conflitto ha amplificato una tendenza, che era già in atto, di un sensibile aumento dei prezzi dell’energia, in particolare del gas, che ora ha coinvolto anche il petrolio visto il peso della Russia sugli equilibri petroliferi mondiali. Importiamo dalla Russia circa il 10% del nostro fabbisogno di petrolio, ben sotto la media europea, e il 7% dei prodotti finiti. Siamo meno esposti di altri perché abbiamo un grosso vantaggio: un’industria nazionale della raffìnazione flessibile, in grado di lavorare diversi greggi provenienti da più aree geografìche”.

26 marzo 2022, Celestina Dominelli

Extraprofitti, 300 milioni dalla raffinazione. Spinaci: Il prelievo rischia di essere il colpo di grazia

«Nel caso del downstream petrolifero (raffinazione, logistica e distribuzione), parlare di extraprofitti sorprende perché dimostra che si sa ben poco di un settore che, al contrario, da alcuni anni è in forte sofferenza economica e finanziaria». Va dritto al punto Claudio Spinaci, presidente di Unem che, da subito, si è schierato contro il contributo previsto dall’ultimo decreto approvato dal governo. Quel prelievo potrebbe essere «il colpo di grazia» per un comparto già in affanno che rischia di pagare un conto da 300-400 milioni «su extraprofitti inesistenti».

Secondo Unem, infatti, la “lente” utilizzata per individuare questi extra-guadagni, vale a dire la differenza tra operazioni attive e passive ai fini delle dichiarazioni iva, «è fuorviante». Quel parametro, lamenta Spinaci, «non è un indicatore dei profitti ma piuttosto di un margine lordo, in quanto non tiene conto di una serie rilevante di costi, il saldo economico di queste operazioni è ben lontano dal reale risultato economico netto di un’azienda».

Inoltre, rileva, «è distorsivo prendere a riferimento per il calcolo un periodo (1° ottobre 2020-31 marzo 2021) caratterizzato da significative restrizioni alla mobilità e da un crollo dei consumi dei prodotti petroliferi e rilevanti perdite economiche”.